"Ero andato in montagna con l'idea che a un certo punto,
resistendo abbastanza a lungo, mi sarei trasformato in qualcun'altro, e la
trasformazione sarebbe stata irreversibile: invece il mio vecchio nemico
spuntava fuori ogni volta più forte di prima.
Avevo imparato a spaccare la legna, ad accendere un fuoco
sotto il temporale, a coltivare un orto quasi selvatico, a cucinare con le erbe
di montagna, a mungere una mucca e imballare il fieno, e a usare la motosega,
la falciatrice, il trattore; ma non avevo imparato a stare da solo, che è
l'unico vero scopo di ogni eremitaggio.
Più che a una capanna nel bosco, la solitudine assomigliava
a una casa degli specchi: dovunque guardassi trovavo la mia immagine riflessa,
distorta, grottesca, moltiplicata infinite volte."
Paolo Cognetti
Il ragazzo selvatico. Quaderno di montagna.
ed. Terre di Mezzo
3 commenti:
Brano interessante e istruttivo: da se stessi non si scappa; la solitudine è una virtù, specie in mezzo alla folla. Ben riletto!
Ciao Caio, ho trovato 'sto libercolo che si sta rivelando davvero interessante...
Davvero invogli alla lettura completa del libercolo.
Comunque ..brutto non piacersi neanche un po'.
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